martedì 18 dicembre 2012

Sulle ultime, tristi!, apparizioni di Benigni

Benigni mi ha stancato. Magari mi emoziona e mi entusiasma a tratti, ma mi fa incazzare nel resto del tempo. Così le emozioni appena provate cadono in un vacuo senso di falsità.

Innanzitutto mi disturba il suo modo perbenista e il suo tono buonista di approcciarsi con il pubblico e con le opere oggetto d’analisi. “Vi amo”, “Per me è un’emozione essere qui”, “Dante il miglior poeta mai esistito”, “La Costituzione è la più bella di tutte”, “Siete fantastici”, “Mi batte forte il cuore”, “Vi ringrazio”, “Per me è un onore essere qua”. Bisogna dire basta. Troppi complimenti finiscono per spegnere la ragione in nome di un sentimento non autentico. Personalmente gli taglierei centomila euro dal suo cachet per ogni ammiccamento. La Rai chiuderebbe in attivo la serata.  Che a ben pensarci la sua tecnica è uguale e contraria a quella di Grillo: uno fa le carezze, l’altro manda a ‘fanculo. Il giochino è lo stesso, cambia la forma ma la sostanza...

Un'altra cosa che mi disturba di Benigni è la totale assenza del suo punto di vista durante i monologhi. Ogni cosa è bella, straordinaria, aulica, inimitabile. È mai possibile che di tutta la Divina Commedia e di tutta la Costituzione non ci sia qualcosa che non gli piaccia o che almeno voglia mettere in dubbio? Ma che razza di critica è la sua? Bella, grandissima, straordinaria. Mitica, stratosferica. Da impazzire. Mi fa morire dalla gioia. Svengo dalla felicità. E che cazzo! Un po' di ritegno. 

Tra l’altro, ciò che dice è talmente impersonale da risultare quanto mai trasparente. Con la conseguenza che chiunque può impersonarsi nelle sue parole. Faccio un esempio. Benigni dice che la politica è la più alta delle cose che può fare una persona; Benigni afferma che tutti dobbiamo essere fieri di essere italiani; Benigni vuole convincerci che non andare a votare sia sbagliato a prescindere. Ora, se argomentasse, potrebbe pure avere ragione. Senza un focus, non c’è nessuno che non può immedesimarsi nei suoi discorsi, dal ladro al poliziotto, dal giudice al politico corrotto, tutti sono invitati alla festa. Populismo, deriva demagogica. A questo sono arrivati i monologhi di Roberto Benigni. Perché non basta spiegarci (e tra l’altro pure bene) cosa sia la Costituzione: in un periodo così delicato, bisogna fare dei distinguo, proprio come ha fatto con il Fascismo. Non abbiamo bisogno di gente che ci fa incazzare (vedi Grillo) o di gente che ci fa incantare (vedi Benigni) o di gente che ci fa sognare (vedi Berlusconi), abbiamo quanto mai bisogno di esempi di normalità. Ci dicono che la democrazia sia il potere consegnato al popolo, allora perché nel 2012 c'è ancora gente che si erge a paladino della giustizia, ad eroe di ciò che è giusto? Perché?

Benigni, colui che ha sottolineato l’importanza del lavoro, questa sera non ha meritato il compenso: oltre al lavoro, occorre l’impegno. E la responsabilità. La sua verve comica è sparita, le sue battute sono ripetitive (la parte sul Medioevo la fece un anno fa da Fiorello) e prevedibili. Ma, forse, posso capirlo. Lui prepara di più la parte divulgativa e tralascia gli sketch comici. Passi. Però l’invettiva, cazzo. Per onorare la Costituzione,  Benigni avrebbe dovuto attaccare e puntare l’indice verso coloro che costantemente tentano di affossarla. E invece niente. Due battutine su Berlusconi, una su Renzi e via. Vissero tutti felici e contenti. No. Non vorrei soffocare in un ultimo sussulto sentimentale. Mi sentirei patetico.

Francès 

PS: tralascio la discussione sul cachet. Si parla di 6 milioni di euro per questa serata e altre 12 su Dante. Senza una fonte attendibile, sospendo ogni giudizio.

lunedì 17 dicembre 2012

Attenti al piano: più se parla, più si pensa a lui, più lui sta al centro dell’attenzione, più il consenso sale.

Berlusconi prosegue la sua marcia verso le elezioni. Non sa ancora cosa farà; sta testando tutte le ipotesi rimanendo costantemente sotto i riflettori. A breve si scioglieranno i dubbi, soprattutto dopo l’atteso annuncio di Monti che ha ancora una settimana per riflettere su una sua possibile candidatura.
E intanto il piano va avanti. Per adesso si oscilla dal piano B(erlusconi) a quello M(onti). Il piano A(lfano) è saltato tempo fa; il piano C(asini) è impraticabile. Gli piacerebbe da matti il piano D(ell'Utri) ma i giudici non glielo consentono. E così via. 
Negli ultimi giorni ha sconfessato Monti e il suo operato (era la seconda fase); poi, dopo la riunione con il PPE, gli ha proposto di candidarsi  a capo del centro-destra (la quarta fase). Infine, ha fatto una comparsata nella sua Mediaset laddove a seminato di tutto (quinta fase). Quella di sabato è stata una messa in scena pazzesca. Non sappiamo ancora se si candida, ma sappiamo il suo programma elettorale. Non sappiamo se starà con il PDL o se se fonderà un partito nuovo di zecca, ma sappiamo che è “fidanzato”. 
Sempre nel pezzo passato avevo fatto accesso all’IMU. Lo sapevo. Semmai Berlusconi dovesse candidarsi uno dei suoi cavalli di battaglia sarà quella di abolirla. Tanto la avremo già pagata per il 2012 e per il 2013 ci sarà tempo per trovare una nuova furbata per non far pagare l’IMU ma un’altra imposta simile. 
Ora mi fermo. Più se ne parla, più si pensa a lui, più lui sta al centro dell’attenzione, più il consenso sale. Mi sembra una di quelle leggi economiche studiate all’università. 
Meglio pensare a qualcos’altro!

Francès

mercoledì 12 dicembre 2012

Grillo e le epurazioni dirette ed elettroniche (alla faccia della democrazia diretta!)


Grillo e 1984 di George Orwell. Il concetto che sta dietro il pensiero “chi non mi ritiene democratico, se ne vada” ricorda quello del romanzo appena citato. E il blog raffigura il posto – badate, virtuale e quasi metafisico - in cui venivano proiettate le immagini del Grande Fratello.  Ma come? Il blog! Il blog che sembrava l’avvento di un nuovo modo di concepire la democrazia, sembrava uno posto in cui si poteva dibattere senza porre limiti alla partecipazione. Il blog e, di conseguenza, internet.

Grillo e la partecipazione totale. Ci propina la democrazia diretta (ed orizzontale!), ma il suo partito ha ben poco di democratico. Le decisioni sono prese da due persone e comunicate al mondo in un solo posto: il blog, appunto. Vi immaginate se il Parlamento promulgasse le leggi sul blog? E poi com’è pensabile espellere i propri compagni di partito attraverso un comunicato sul blog e un’email. Più che democrazia diretta, Grillo è l’esponente delle epurazioni dirette.

Grillo e le politica digitale. Avrà pure posto un problema interessante, ma i primi risultati sembrano molto scoraggianti. Le primarie, infatti, hanno visto più partecipanti delle parlamentarie. Eppure quest'ultime erano in rete e le potevi votare da casa in pigiama comodo e tranquillo. I fatti mostrano che le persone diffidano del mondo digitale e, a ben vedere, non hanno tutti i torti. Perché oggi, nel 2012, mettere una “x” su un foglio di carta ti garantisce la segretezza; invece il voto elettronico con tanto di registrazione pregressa, vuoi o non vuoi, la segretezza non te la garantisce. Basterebbe una persona, basterebbe un’interrogazione al database (la classica query) per far crollare tutto. È una cazzata che con una semplice query si possa risalire al risultato del voto di ogni singola persona (i sistemi sono complessi e la logica che c’è dietro non è banale). Ma resta il problema della millanteria. E se un tale se ne uscisse inventando i risultati del voto della popolazione? Non ci sarebbero forse ripercussioni sull’economia?

Grillo si sta dimostrando poco affine ai principi democratici e, nonostante sia stato uno dei primi a porre l’idea del digitale come soluzione democratica, sta fallendo anche dal punto di vista ideologico: la sua lotta è ben lontana da una soluzione compiuta e soddisfacente. 

Francès

venerdì 7 dicembre 2012

Attenti al piano: Monti non verrà sfiduciato

Assorbite le primarie del PD, adesso è il turno del PDL. Berlusconi deve risalire – udite udite- la china.  E il suo piano è chiaro: vincere le prossime elezioni.
Partenza in sordina, la sua. La prima tappa si sta consumando in questi giorni in Parlamento. La missione è arrivare a marzo in forma, e quello che sta succedendo a Palazzo Madama e a Montecitorio è stato il primo squillo: Berlusconi, e con lui il PDL (sempre che non decida di abbandonarlo…), c’è. Certo, ci sono delle leggi che il PDL non vuol votare a prescindere dal piano: non votare il decreto contro l’incandidabilità per i condannati fa gola a tutti, pensate al PDL. Ma il vero intento è un altro.
Tutto finora è andato come Berlusconi si aspettava: voleva le prime pagine e le ha ottenute. Non importa se in questo momento subisce tante critiche o se è palesemente impopolare. Fa parte del piano. La seconda fase sarà quella di screditare del tutto Monti facendo credere agli italiani che questo è stato un governo tecnico fallimentare. E, purtroppo, gli strumenti ce li ha: Monti ha tirato – forse troppo? – la cinghia e  il malcontento è palese. Magari se invece di una IMU così “controversa” e “complicata” avrebbe fatto un’imposta municipale un po’ più chiara almeno nei contenuti, i cittadini avrebbero pagato comprendendo le motivazioni della cifra da sborsare. Anche sul caso Ilva, per esempio, Monti avrebbe dovuto imporsi con più chiarezza. Avrebbe dovuto parlare ai cittadini con onestà e fermezza elencando dati e motivazioni più precise. Perché? Per contenere la demagogia e la deriva berlusconiana.
Le elezioni sono sempre più vicine e Berlusconi ha appena iniziato la sua campagna elettorale. Sarà una lotta dura e senza esclusione di colpi. Il PD sembra sufficientemente forte (mi auguro che non sia come l'Inter di qualche anno fa, ricordate quella che vinceva gli scudetti ad agosto?); Grillo punterà a prendere più voti possibile; Casini e l’area moderata sono lì a guardarsi intorno e aspettano di capire i movimenti della destra in generale.
La speranza è che questa volta a spuntarla sia l’Italia: fra le tante rogne potremmo risparmiarci almeno Berlusconi?

Francès

P.S. [delle ore 17.06 del 09/12/2012]: Bene, Monti. La decisione di dichiarare di dimettersi (confermata o no dai fatti) ingarbuglierà il piano. Oltre che, ovviamente, accorciare di 15-20 giorni la campagna elettorale. Prendere le misure a Berlusconi è già una novità. 

sabato 1 dicembre 2012

Nugae, le mie parole [e son due]

A VITO (un bullone della mia vita)

Della gioventù un ultimo istante.
Non siamo ancora in affanno
anche se la vita si fa pesante.
Mi chiedo di te cosa sanno
coloro che bevono il tuo spumante.
Non esser lì per me è un danno;
sarai, come un tempo, raggiante?
Ventinove. Coraggio, Aguanno!

Francès

lunedì 26 novembre 2012

Sulle primarie e su molto altro

Primarie, ballotaggi, Renzi, Bersani, Pd, quaranta per cento, governo, Monti e via dicendo. Potrei continuare all'infinito.
Chi lo dice che Renzi rappresenti veramente il nuovo che avanza e incarni il cambiamento (in positivo, s'intende)? Oppure è solamente un figlio mal educato, un figlio del suo tempo? Chiarisco, Renzi appartiene - in senso stretto e in senso lato contemporaneamente – alla stessa cerchia di questi ceffi che ci dirigono da vent'anni e passa. Basta leggere distrattamente la sua biografia.
Ammettiamo pure che Renzi abbia un nuovo modo di intendere la politica: ma chi lo dice che le sue idee non siano irrimediabilmente viziate?
Tanta gente è convinta che Renzi sia l'unica vera via d'uscita; allo stesso tempo, nutre molti dubbi sull'effettivo cambiamento che il sindaco di Firenze potrebbe portare. Però, appunto nel dubbio, si fida. Ma come? Ci siamo scordati i fatti dei primi anni 'novanta? Anche allora volevamo rottamare i vecchi politici fidandoci di Berlusconi e del suo gruppo.
A questo punto, forse, reputo più ragionevole pensare:
No, Renzi. No. Nel dubbio, vent'anni fa dissi di sì. Adesso, nel dubbio, dico di no.”
Almeno così proviamo un'altra strada. Un'altra soluzione. Perché dobbiamo ricadere nella stessa trappola?
Ecco perché Bersani mi sembra una soluzione, anche se di transizione.
Bersani non è un esempio di buon politico, purtroppo. Però mi pare sia stato uno dei pochi ad ammettere - seppur indirettamente - il fallimento di una classe politica, la sua. E, ancora, ha indicato una strada. Cioè, lui dovrebbe limitarsi a seguire la linea appena intrapresa da Monti (anche qui, possiamo solo sperare che Monti stia facendo qualcosa di produttivo per il Paese perché lui, a differenza di Renzi, ha fatto qualcosa assumendosene le responsabilità). Sì, lo so. Anch'io vorrei sbattere fuori tutti dal Parlamento, ma a che prezzo? Non ci è bastato Grillo? Con la demagogia e con il populismo non si vincono le sfide.
È vero, ci vorrebbero dei politici di professione. E allora facciamoci da parte. Cosa cazzo abbiamo portato all'Italia? Cosa? Quattro sessantottini che adesso ci rompono i coglioni con i concetti di conservazione? Quattro cantanti che ogni sera si sfogano bestemmiando e dissacrando se stessi ma che di giorno sputtanano la loro coscienza comportandosi proprio come coloro che contestano? Cos'altro ha prodotto la cultura italiana degli ultimi cinquant'anni? Questi giornalisti? Questi professori? Questi imprenditori? 
Da Bersani mi aspetto un atto di coscienza con due conseguenti proposte. Intanto, che, seguendo la via imboccata da Monti, porti l'Italia fuori dal baratro. E poi che faccia crescere una nuova generazione di politici di professione investendo sull'istruzione. Senza di me, senza di noi, senza di lui. Bisogna smetterla con l'idea che solamente gli altri sono quelli che sbagliano.


Francès

domenica 25 novembre 2012

Vettel campione, Alonso blasone e poco altro


Vettel ha vinto il terzo mondiale piloti consecutivo. La Reb Bull ha vinto (con una gara di anticipo) il tuo terzo mondiale costruttori consecutivo.
Sono numeri impressionanti se si considera che quattro anni fa, la Reb Bull e Vettel persero il mondiale pur avendo la macchina più veloce (ricordate la storia della Brawn Gp...).
Ad un'attenta analisi, Vettel ha vinto in tre diverse condizioni: favorito dagli errori altrui (2010), con una macchina clamorosamente superiore (2011), lottando gara dopo gara reggendo la pressione (2012). E Alonso? Il primo anno in Ferrari ha perso per colpa di una strategia errata; il secondo per manifesta inferiorità e... quest'anno?
Quest'anno la sua monoposto era inferiore a quella degli avversari (Red Bull e McLaren) e la sua stagione è stata praticamente perfetta tranne gli ultimi due GP. Perché la settimana scorsa ad Austin è stato costantemente più lento di Massa (di Massa!?!) e oggi non ha gareggiato da campione, bisogna dirlo. Asciutto, leggera pioggia, asciutto, pioggia battente. Le condizioni della pista sono mutate constantemente e da lui ci si aspettava la zampata vincente. Ricordo quando Schumacher con una macchina inferiore vinceva (tutte) le gare con condizioni di pista difficili. Alonso lo ha fatto in più occasioni nel 2012, ma oggi è mancato. A ben pensarci, è successo tutto ciò che lui si augurava: pioggia, concitazione e incidente di Vettel. Bene, bastava che lui corresse da campione del mondo per vincere il mondiale. Oggi non lo ha fatto. E i numeri, adesso, parlano chiaro. Vettel, 25 anni e 3 mondiali; Alonso, 31 anni e 2 mondiali.
Alonso è mancato nei  momenti cruciali della sua carriera: quando c'era da fare il salto di qualità, ha fatto degli errori di valutazione.
Vinti i due mondiali nel 2005 e nel 2006, passa alla McLaren compiendo un primo, fatale, errore. Lite con Hamilton, allora esordiente, e terzo posto nel mondiale. Via dalla McLaren, in attesa di un sedile in una squadra di vertice, torna mestamente alla Renault dove trascorre due stagioni anonime (secondo, fatale, errore). Nel 2010 può scegliere fra Ferrari e Reb Bull (accanto a Vettel). Sceglie la Ferrari compiendo un altro errore. Certo, potrà ancora vincere molto in Ferrari, tuttavia questi 3 anni sono passati senza nessuna affermazione. C'è da dire che Schumacher il primo mondiale con la Ferrari lo vince a 31 anni e dopo “quattro” tentativi. Insomma, Alonso rimane un grande pilota, ma, dopo oggi, gli rimane il blasone e poco altro. Non è una condanna, ma il tempo adesso è suo nemico. Vettel lo ha scavalcato in ciò che conta: vincere.

Francès

venerdì 23 novembre 2012

Primarie: Bersani, ma non per tutta la vita!


Ci siamo quasi. Il fatidico giorno sta arrivando: ormai mancano poche ore. Diamo un po’ di numeri.
Cinque candidati, 4 uomini e 1 donna.
Il più giovane è Renzi: 37 anni e 10 mesi. Poi c’è Vendola, 54 anni. A ruota segue la Puppato, 55 anni. Più staccato Bersani con i suoi 61 anni. Tabacci, infine, chiude la graduatoria con 67 anni. Insomma, Renzi è di gran lunga il più giovane. Il vantaggio è di ben 16 anni e qualche mese.
I due favoriti sono Bersani e Renzi. La mina vagante è Vendola e l’outsider è Laura Puppato. Tabacci, a mio avviso infiltrato di Casini, farà fatica ad arrivare in doppia cifra.
Purtroppo per vari motivi non andrò a votare. Da pochi giorni ho però chiarito la mia posizione. Bersani. Se potessi, voterei Bersani.
Perché è stato coraggioso da Ministro dello Sviluppo Economico nell’ultimo governo Prodi quando fu uno dei fautori di quel pacchetto di liberalizzazioni tanto contestate da alcune vere e proprie caste. Perché ha partecipato, assieme a Ciampi e Prodi, a farci entrare in Europa. Perché mostra con fierezza la sua calvizie. Perché non fa battute ammiccanti e non vuole mostrarsi simpatico. Perché mostra di avere delle idee (giuste o sbagliate che siano) pregnanti. Un grande neo, riconosciuto ormai all’unanimità, è D’Alema. Peccato.
Tuttavia il futuro, volenti o nolenti, è Matteo Renzi. A me personalmente non piace. Si mostra come un birbante, un furbacchione, un mestierante. La sua carriera politica è in continua ascesa. Io “rottamerei” la gente come lui. Ha 37 anni, e, diciamolo, la giovane età in questo caso è un fattore negativo. È nel giro della politica da 13 anni, ha iniziato a 20-21 anni. Ma quando ha studiato? Su quale base ha formato le sue idee? Io a vent’anni ero un universitario e non facevo politica. Non voglio essere cattivo, ma non si diceva che l’istruzione è importante? Anche lui mi pare pensi che l’istruzione sia fondamentale e menate varie. Attenzione, però. Non voglio dire che Bersani sia il politico tanto desiderato. Tutt’altro. Ma almeno non si atteggia ad esserlo.

Francès

mercoledì 21 novembre 2012

Generatore automatico di editoriali di Eugenio Scalfari (fra informatica e informazione)

domenica 11 novembre 2012

La settimana dei videogiochi milanese

Questa settimana a Milano si è svolta una manifestazione sensazionale per tutti gli appassionati di videogiochi: Games Week.
Ebbene, nonostante io non sia più un frequentatore assiduo di giochi da console (a fatica distinguo la playstation dalla xbox), ho provato ad onorare questo evento andando a curiosare un po’. Alla fine mi sono divertito, parecchio!

Ho fatto un paio di giri con la Red Bull di Vettel in Formula One usando il volante e le marce manuali - me ne voglia Alonso, ma ero “costretto” poiché mentre la Ferrari è impegnata a studiare accorgimenti e soluzioni aerodinamiche per migliorare le proprie prestazioni, questi della Red Bull trovano il tempo di far provare i videogiochi obbligandoti a prendere la loro monoposto. Comunque sia, pessima prestazione la mia. Poi ho fatto un paio di sfide con alcuni miei colleghi a Fifa 2013, infine ho dato un paio di cazzotti con un gioco di Boxe di cui a dire il vero non conosco il nome (ah, nel mezzo ho pure provato un altro paio di giochi in cui si sparava agli animali senza che io abbia minimamente capito il motivo e uno strano gioco in cui da una cerbottana dovevo tirare dei sassi… boh!).
Per il resto ho fatto il mio primo incontro con alcuni giochi che, a mio avviso, sono osceni. Cioè quelli in cui si balla seguendo il più possibile un pupo dalla tv, per esempio. Sarà che avrò una certa età e quindi appartengo a un’altra generazione, ma proprio non riesco a capirne la bellezza. Io che ho visto mio padre (e tanti altri della sua età) appassionarsi come un matto a giocare ai primi Fifa nonostante fosse di un’altra generazione, ieri ci sono rimasto male. Infatti, non sono riuscito ad apprezzare quei giochi in cui si danza seguendo il ritmo dettato da un pupazzo. Prima la tv ti incantava: restavi incollato a guardare la partita, una trasmissione o a giocare ad un gioco di un videogame. Adesso, oltre a catturare la tua attenzione, ti costringe ad emularla fisicamente. E la cosa un po’ mi ha scioccato. Un’altra cosa che ho notato è che i giochi seguono le mode televisive: se negli anni ’80-’90 c’era la partita di calcio come evento clou, oggi abbiamo ballerini e cantanti dovunque. E chi produce giochi si è semplicemente adattato. Insomma, tecnologicamente abbiamo fatto passi da gigante, ma, gira e rigira, la minestra è sempre quella. Però è pur vero che io resto un nostalgico del joystick: per me resta una sorta di token da utilizzare per vincere le sfide che i vari giochi mi propongono.
Francès

mercoledì 7 novembre 2012

“Oh, bah, mah”


Quattro anni or sono sembrava la fine del mondo. Ricordo che stavo tornando a casa dopo una (divertente) serata con amici “storici”. In particolare, ricordo che si era giunti allo svincolo autostradale  di Segesta quando ricevetti una critica pesantissima:
“Anche tu ti sei fatto stregare da Obama? Non mi dire…!” mi fu rinfacciato.
Io cercai invano di giustificarmi. Sì, di giustificarmi. Ma non ci fu verso. Io, uomo di sinistra  (così mi etichettarono), progressista (termine di cui ricordo appena il significato), io appena postliceale (vostro malgrado, questo “aggettivo”  è farina del mio sacco!) mi ero fatto imbrigliare dalla dialettica circa un reale cambiamento (cito testualmente il focus della critica) nel caso in cui Obama fosse riuscito a diventare Presidente degli Stati Uniti.
“Ragazzi, a me la Clinton non piace. Puzza di stantio. E poi potrebbe sorgere un palese conflitto di interessi visto che fino a otto anni fa suo marito…” provavo a rispondere. Invano. Poi Obama vinse. E piano piano le critiche son venute meno.
Ma io lo ricordo bene questo dibattito apocalittico e, vi assicuro!, era tendenza diffusa.
Riporto due articoli su tutti:


E adesso? Ora tutti a sperare che vinca Obama per la salvezza degli Stati Uniti. Anzi, tutti a godere della vittoria appena conquistata.
Ma come? Eppure non mi pare che Obama abbia condotto gli USA in maniera impeccabile. Una politica centrista, moderata. Elegante poco ma in compenso ovattata. Una politica attenta al minimo passo falso. Una politica difensiva, direi. Lo dimostra il suo atteggiamento (ai limiti del remissivo) nei confronti della politica estera.
Oggi, quattro anni or sono, mi viene da sussultare: “Oh… bah… maaaaah! Ce lo meritiamo allora!”

Francès 

domenica 21 ottobre 2012

L'ultima Thule

Quattro parole sul (probabile) ultimo album di Francesco Guccini.

Tanta attesa per Canzone di notte n. 4. Considerando che vive a Pavana, cosa potrà cantare? Che va a letto alle 10 con i suoi gattini? Sarebbe favoloso! Una chiusura perfetta.
Azzardo delle previsioni.
Canzoni con rimandi a personaggi e luoghi noti a tanti libri di storia (con Thule, mi sento già in quell'isola). Canzoni rimate e magari con una melodia monotoneggiante. E poi assonanze con la r, grande marchio di fabbrica. Giochi linguistici in abbondanza e qualche attacco duro al "mal costume dei giorni nostri" (senza demagogia!). Non potrà non parlarci del vino e dei libri letti in questi nove anni.
Mi aspetto un addio con un paio di canzoni allegre, ironiche e poco originali. Un pezzo sull'attualità e sulle mode poco sempiterne sarebbe d'obbligo.
Mi piacerebbe una sua presa di posizione da questa sinistra disastrosa che governa la minoranza da almeno vent'anni a questa parte. 
E ora dirò una cosa per magari essere sorpreso: non ci saranno concetti o idee nuove (a parte il suo andare a letto presto...). 
Insomma, se veramente sarà un addio, direi che sarà poco struggente.
Anche se aspetto con ansia il tour (se tour può chiamarsi la lista dei suoi concerti visto che li fa sempre più di rado), lì sicuramente ci sarà un po' di commozione.
Purtroppo, ne sono sicuro, andrà da Fazio a farsi dire "sei un mito, sei un grande, sei il migliore". Ammetto che soffrirò. Per questo vorrei lanciare un piccolo appello:
"Dai, Franco, non andare da Fazio! Il dibattito, no!"


Francès

sabato 13 ottobre 2012

In Liguria a grillare la mia idea di renderla autonoma dall'Italia


Grillo che arriva in Sicilia a nuoto e che fa un giro per le nove province di corsa imitando Forrest Gump. Già questa mi sembra una follia; tuttavia quando lo sento parlare ho addirittura paura. Quest'uomo ha superato il suo “limite razionale”.
Se lo si accusa di essere populista, si corre il rischio di sottovalutare il caso.

Dichiara che in Sicilia ci sono gli stessi problemi che in Italia. Dichiara che la Sicilia può fare a meno dell'Italia ma non viceversa. Dichiara che in parlamento ci sono più di un centinaio di parlamentari con problemi con la giustizia. Dichiara che i sindaci dei piccoli centri subiscono vessazioni per costruire le discariche nei loro paesi e che non possono difendersi perché non hanno i soldi per farlo.

Lui, genovese e leader del M5S, un partito con sindaci in alcune città d'Italia, afferma che la Sicilia debba separarsi dall'Italia. Questa è contraddizione in termini. Lui che c'entra con la Sicilia?
È come se io andassi in Liguria a grillare la mia idea di renderla autonoma dall'Italia. Non suonerebbe strano?


Francès

Lettura di Casanova (con dolo)

Ho letto saltando molte parti qua e là i tre volumi di Giacomo Casanova riguardanti la sua vita. Confesso che delle tremila (3000) e passa pagine non sarò arrivato a leggerne la metà; tuttavia un'idea me la son fatta.
Casonova non è un uomo perbene, non è un ladro. Un furfantello, a tratti. Ma ha delle qualità. Nononostante riesca a fatica a gestire la sua vita, ha il talento di sfruttare tutto ciò che gli capita davanti. Se trova una donna, si innamora e prova a scoparsela; se becca un professore, si fa impartire lezioni; se finisce in un convento, intraprende la carriera ecclesiastica; se incontra un amico, gli chiede un favore. Durante il suo pellegrinare per l'Europa non lascia mai nulla alle spalle. Non c'è una serratura che non ha provato a forzare. No. Quando lui fugge da un posto lo fa perché ha proprio raccolto il massimo (e spesso seminato il peggio).
Delle due cose che mi hanno colpito di Giacomo Casanova, questa è la prima.

Poi, riflettendoci un po' su, mi è venuta in mente un'altra idea su di lui.
Diciamo che, a mio avviso, Casonova è un concentrato dell'uomo comune. Cioè quell'uomo che ti trovi davanti e che, sotto uno spirito di cordialità, ti nasconde le sue reali intenzioni. L'unica differenza è che Casanova, essendo come detto un concentrato, va dritto al nocciolo e non si nasconde in finte cordialità. Lui è ciò che pensa e ciò che vuole allo stesso tempo. Infatti non credo che bisogna prendere alla lettera nemmeno queste memorie perché spesso anche la narrazione risulta piegata alla sua volontà: e così ci dice per esempio di essersi trombato più donne di quante magari realmente ne abbia portate a letto. Ma non si pensi che il suo racconto risulti palesemente falsato: infatti si fa prendere sul serio quando fa un oroscopo o giochi di magia da quattro soldi per accalappiarsi una dama; è lucido quando ti ruba un libro, poi due, poi tre e pure i gioelli. Incarna insomma i vizi dell'uomo del Settecento (e anche del Novecento vorrei permettermi) senza nessuna moralità.
Anche i confronti intellettuali sono figli di questo suo modo di essere: quando si ritrova ad attaccare Voltaire non gli importa se le sue teorie abbiano un senso logico. Lui lo attacca perché gli conviene.

Alla fin fine neanch'io sono stato onesto con lui. Ho letto le sue memorie ma con dolo. Spesso mi annoiavo o semplicemente avevo fretta di andare avanti e saltavo pezzi e/o pagine. Anche perché fra un po' andrò a consegnare i tre volumi in biblioteca. 
Tutto questo è Storia della mia vita, un'autobiografia di Giacomo Casanova. 

Francès

mercoledì 10 ottobre 2012

Onore a Bufalino Gesualdo

Non voglio commentare questi aforismi. Credo che lo facciano da soli...
  • Autunno, stagione sleale.
  • Biblioteche, musei, cineteche... Non amo che camposanti.
  • Bisogna che abbiamo un'idea molto primitiva dell'eternità se facciamo tanto caso del morire a trenta o a cent'anni.
  • Capita a volte di sentirsi per un minuto felici. Non fatevi cogliere dal panico: è questione di un attimo e passa.
  • Certi amori sono soltanto sudori che si somigliano.
  • Che ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica.
  • Chi scrive per il suo tempo, disperi di sopravvivergli.
  • Ci vogliono virtù a iosa per fare un vizio.
  • Comunque vada la nostra partita con la vita finirà zero a zero.
  • Come ogni brutto sono sempre stato oggetto di passioni disinteressate.
  • Con le donne accade due volte di non saper cosa dire: all'inizio e alla fine d'un amore.
  • Costa una fatica del diavolo conservare una buona opinione di sé. Chissà come fanno, certuni.
  • Diffidate degli ottimisti, sono la claque di Dio.
  • Dio è migliore di quel che sembra, la Creazione non gli rende giustizia.
  • Dovetti scegliere fra morte e stupidità. Sopravvissi.
  • Due infelicità, sommate, possono fare una felicità.
  • È più facile amare gli altri che sé. Degli altri si conosce il meglio.
  • Eppure un guizzo solo di primavera basta a rendere allegra l'anima vedova, a mutare in piani di esaltata Arlecchina queste ostinate gramaglie.
  • E se Dio avesse inventato la morte per farsi perdonare la vita?
  • È un bluff? Non è un bluff? Fra poco muoio e lo vedo.
  • Exercitum in hiberna deduxit, condusse le truppe nei quartieri d'inverno... Così Cesare termina ciascuno dei commentari gallici. È probabile che aspettasse quei giorni d'ozio e quella luce di neve per dettare le sue gesta a uno scriba. Altrettanto dovrebbe ciascuno di noi, serbando all'azione le rimanenti stagioni.
  • Fra imbecilli che vogliono cambiare tutto e mascalzoni che non vogliono cambiare niente, com'è difficile scegliere!
  • Gira, rigira, da Talete in poi la filosofia pesta l'acqua nel mortaio.
  • Gli assenti hanno una volta torto ma novantanove volte ragione.
  • Grido, è vero, ma a fior di labbro.
  • Hic: lo spazio; Nunc: il tempo. Due tappeti volanti, due scale mobili su cui immobile avanzo. E Zenone non mi aiuta.
  • I pregiudizi han più sugo, talvolta, dei giudizi.
  • I ricordi ci uccidono. Senza memoria, saremmo immortali.
  • I sogni: "lavoro nero", ma non pagato, della ragione.
  • I suicidi sono solo degli impazienti.
  • Il dubbio è una passerella che trema tra l'errore e la verità.
  • Il pacifismo è guercio ma il bellicismo è cieco.
  • Il primo segno d'amore consiste nel trasformare un essere che ci era domestico in un demone sconosciuto.
  • Il sonno è amore di morte, l'insonnia paura di morte.
  • In un mondo d'arrivisti buona regola è non partire.
  • Insomma, sarà che siamo ottusi e il Suo riserbo ci frastorna, ma, insomma, qualche chiarezza in più, da parte di Dio, sarebbe stata augurabile.
  • L'amore, nella maggior parte dei casi, è soltanto un prestito con cauzione.
  • L'immaginazione è "la pazza di casa", m'insegnarono al liceo. La realtà è peggio, risposi: è la scema del villaggio.
  • L'unica cosa asciutta: la sterilità.
  • L'universo: un acrostico dove cerco di leggere Dio.
  • La fama è la gloria venduta a saldo, con gli sconti di fine stagione.
  • La felicità esiste, ne ho sentito parlare.
  • La parola è una chiave, ma il silenzio è un grimaldello.
  • La parola ha preceduto la luce e non viceversa: Fiat lux e la luce fu.
  • La vecchiaia comincia il giorno in cui, invece di scrivere a una donna, le telefoniamo.
  • Le dissi che l'amavo. Incassò la notizia come uno cheque.
  • Meno credo in Dio più ne parlo.
  • Metà di me non sopporta l'altra e cerca alleati.
  • Metri, metronomi, meridiane... L'uomo presume, misurando lo spazio e il tempo, di vincerli, mentre sono essi che misurano lui.
  • "Mi spaventa possedere chi amo, mi spaventa amare chi possiedo." Così disse Adamo e spartì eros e amore. Ma Eva non era contenta.
  • Molte donne si vestono bene, ma tutte si spogliano male.
  • Molte morti sono suicidi truccati.
  • Morire. Non fosse che per fregare l'insonnia.
  • Nascere è umano, perseverare è diabolico.
  • Non conosco voluttà più pungente del leggere, non già un libro da cima a fondo, ma, pescando a caso, qui una pagina lì un rigo, ritti in piedi, dinanzi alle cascate prodigiose d'una biblioteca.
  • Non il sonno ma l'insonnia della ragione genera mostri.
  • Non vedo perché sia legittimo amare insieme Cimarosa, Bach e Stravinskij e sia da fedifraghi amare a un tempo Carolina, Claudia e Maria.
  • Ognuno sogna i sogni che si merita.
  • Per fortuna gli eroi muoiono di morte violenta.
  • Quel colpo di pistola ci ha risparmiato, quanto meno, i dolori del vecchio Werther.
  • Resta dubbio, dopo tanto discorrere, se le donne preferiscano essere prese, comprese o sorprese.
  • Riconosco per mio solo ciò che ho scritto con inchiostro simpatico.
  • Sarò forse presuntuoso ma il mio specchio mi calunnia.
  • Scrivo poesie che si capiscono, devo sembrare un cavernicolo.
  • Se Dio esiste, chi è? Se non esiste, chi siamo?
  • "Se esistesse si saprebbe in giro," disse il filosofo, parlando di non so chi... [Dio]
  • Se volete saperne di più su di voi, origliate dietro le porte.
  • Senza note a piè di pagina, certe donne non si capiscono.
  • Si può anche dannare la propria vita, se si ha genio. Se si ha solo talento, è da stupidi.
  • Sociologo è colui che va alla partita di calcio per guardare gli spettatori.
  • Tale è la forza dell'abitudine che ci si abitua perfino a vivere.
  • Un grande scrittore è di solito meno intelligente di molti scrittori minori.
  • Un pene innamorato è spesso balbuziente.
  • Un'idea innaffiata dal sangue dei martiri non è detto che sia meno stupida di un'altra.
  • "Una biblioteca", dice Ralph Waldo Emerson, "è un harem". E se fosse una polveriera?
  • Una passione è il totale di due malintesi.
  • Veglia a due, in silenzio, nel buio. Finché uno si decide e mormora all'altro: "Dormi?"

FONTE: http://it.wikiquote.org/wiki/Gesualdo_Bufalino

domenica 30 settembre 2012

Liberismo non liberista

Il liberismo, questa forma di liberismo, deve avere oggettivamente i giorni contati. Perché il sistema è talmente marcio da essere ormai putrido.

Porto un esempio.
Lo Stato è sotto scacco da Marchionne. Ora, non da Marchionne nel senso fisico del termine, ma da quelli che incarnano gli interessi di Marchionne e da quelli che ragionano come Marchionne.Vediamo rapidamente perché:

  •           Se lo Stato dovesse aiutare la Fiat che dovremmo dire dell’austerità, del debito pubblico da risanare? E di tutti i sacrifici? E dei tagli? Gioverebbero alla Fiat. Ma per quanto tempo? Non c’è il rischio che fra qualche anno si ritornerebbe al punto di partenza come succede puntualmente da cinquanta (50) anno? Classico esempio di costi diffusi e benefici concentrati
  •           Se lo Stato dovesse lasciare al proprio destino la Fiat, il problema uscirebbe dalla porta per entrare dalla finestra. Marchionne chiuderebbe gli stabilimenti che reputa “inutili e dispendiosi” passando la patata bollente allo Stato stesso. Tutti in cassa integrazione con conseguente spreco di risorse in quanto con la cassa integrazione l’operaio non ha la garanzia di ritrovare un posto di lavoro

Chi ci rimette è lo Stato sempre e comunque. E, come tutti sanno, lo Stato non è un’entità metafisica o astratta. Lo Stato è la rappresentazione dei cittadini italiani. Ciò vuol dire che abbiamo perso noi. E che dobbiamo pagarla comunque noi.
Ora mi chiedo: una forma di liberismo che regala le proprie disfunzioni allo Stato quanto è poi così liberista? Non è l’apologia del comunismo (rigorosamente scritto a lettera minuscola), ci mancherebbe. 

Francès

PS: L'incipit del post è "liberamente" ispirato alla canzone dei Baustelle Il liberismo ha i giorni contatiCanzone a me molto cara. 

venerdì 7 settembre 2012

Un pattern visto dal basso

Oggi descrivo l'Observer pattern.
Implementandolo si risolve in maniera elegante e senza particolare dispendio di energie il problema della gestione di eventi.
L'esempio che propongo è costituito da una serie di thread lanciati contemporaneamente: tramite questo pattern si controlla il loro stato per permettere di eseguirne un numero massimo predefinito alla volta (nel mio caso 15). I restanti rimangono in attesa che un thread completi la sua esecuzione. Chiaramente, questo pattern può essere usato in molti altri contesti, come per la gestione di una chat o per un'interfaccia grafica.

Ho creato una classe (ThreadService.java) che implementa l'interfaccia Observer (si cura di monitorare un evento che potrebbe essere generato) e un'altra interna (ThreadClass) ad essa che estende la classe astratta Observable (la classe avente l'evento "sotto controllo"). 
La classe interna è in realtà thread che, come si dirà più avanti, ha lo scope private.

Caratteristiche di ThreadService:
- singleton (tra l'altro, ha un costrutto privato!)
- implementa l'interfaccia Observer e il metodo astratto update
- contiene la classe privata ThreadClass
- il metodo addThread fa la new del thread e lo mette in una coda 
- il metodo execute controlla il numero di thread in esecuzione e li esegue se ci sono "posti disponibili"

Caratteristiche di ThreadClass:
- scope private per essere richiamato solo da addThread
- costrutto con un parametro per il nome del thread
- run è il body del thread

Ho tralasciato i metodi di Observer e Observable per vederli ora in dettaglio.
Alla fine del corpo del thread ho messo questi 3 metodi:
- addObserver: passa un oggetto Observer per "comunicare" che la classe in cui è chiamato questo metodo  addObserver deve cambiare lo stato (deve essere rimosso dalla lista dei thread)
- setChanged: segnala il cambiamento di stato
- notifyObserversnotifica agli osservatori (nel nostro caso a ThreadService), gli passa un  parametro (opzionale) e invoca il metodo update (di ThreadService nel nostro caso)

Invece l'implementazione di Observer  ha update come metodo chiave:
Banalmente, quando il thread completa la sua esecuzione richiama il metodo update di ThreadService il quale si occupa di togliere dalla coda il thread che ha appena finito la sua esecuzione e richiama l'execute così da verificare se ci sono thread in attesa. Bada bene che è assolutamente sbagliato pensare che il thread richiami direttamente il metodo update. Questo post ha un intento più pratico e meno teorico quindi spiego qua il funzionamento a basso livello. 

Infine, la firma di update ha due parametri, uno Observable e l'altro Object. Il primo indica la classe osservata in cui si è verificato il cambiamento di stato, il secondo serve per passare un valore qualsiasi (per es. al clic di un button passo da lì il suo valore...).
Ecco così spiegato il funzionamento del pattern: dall'Observable si segnala il cambiamento di stato, l'Observer registra tale evento.

Chiunque volesse testarlo può farlo "gratis" con tre passi:
1. crea un nuovo progetto Java
2. all'interno del Main inserisce il seguente codice:
ThreadService thread = ThreadService.getInstance();
for(int i =1; i<51; i++){
thread.addThread(i+"");
}
3. lancia il Main
Verranno chiamati in successione 50 thread.

Alla prossima,
Francès

domenica 2 settembre 2012

Paraolimpiadi, miracolo sportivo o crudeltà?


Le paraolimpiadi. Sicuramente sono un evento che porta alla ribalta tanta gente che non è stata baciata dalla Natura ma che ha voglia di sport e di mettersi in gioco. Sicuramente. E tanto di cappello a chi partecipa.
Poi arriva un Paolo Villaggio qualsiasi e ti spiazza. 
La mia non è crudeltà ma è crudele esaltare una finta pietà. Questo è ipocrita. Sembrano olimpiadi organizzate da De Amicis con dei 'personaggini' 
E, quasi con un pizzico di qualunquismo, dico che non ha tutti i torti.
Sono stato fermo 10’ a pensare. Non sapendo prendere posizione, e cioè non riuscendo a capire se Villaggio abbia ragione o meno, ho fatto anch’io una piccola riflessione. 
Se magari è giusto dare spazio a chi è diversamente abile, forse non è altrettanto corretto creareuna kermesse agonistica. Tre le motivazioni: 
  •  Tecnicamente è difficile (e anche crudele) suddividere per “sotto-discipline” gli atleti. Le menomazioni hanno diverse entità per cui stabilire un effettivo livello di handicap è proibitivo. Quindi quanto sono autentiche le medaglie assegnate?
  •  L'agonismo può spingere gli atleti a farsi violentare dalla cosiddetta “tecnologia medica” sperimentando soluzioni poco sicure per il proprio fisico. L’illusione dell’agonismo porta i diversamente abili a spingersi oltre ciò che il loro corpo può sostenere. È giusto ciò?
  • In ultimo, il problema della spettacolarizzazione di un tale evento. Non mi dilungo su questo punto perché poche righe non basterebbero ad esprimere un pensiero complesso. Ci vorrebbe un post ad hoc.
Più di questo non mi sento di scrivere.
Francès

lunedì 6 agosto 2012

Se la Provincia di Trapani...

Non entro nel merito della riforma Monti, cioè non so se sia corretta la decisione del governo di accorpare le province che non rispettino due paletti tanto freddi quanto "spietati" (via le province sotto i 2500 km² di superficie o con meno di 350mila abitanti).
Tendenzialmente mi trovo favorevole per un semplice, e banalissimo!, ragionamento. Se le province negli anni '90 sono servite per soddisfare le promesse elettorali e per "sistemare" tutti gli "elettori" del partito di turno, allora forse sarebbe bene tagliarle tutte per limitare gli sprechi. 
Del resto, se sono di chiare le funzioni del Comune e della Regione, quelle della Provincia restano "oscure". Per chiunque volesse farsi un'idea, l'art. 19 della 267 del 2000 ne illustra le funzioni. Le definisco "oscure" perché magari potrebbero essere distribuite alle Regioni e ai Comuni risparmiando... ma qui si entra in altri discorsi.

Ciò che invece mi indigna è la proposta fatta da Turano, il presidente della provincia di Trapani, alla provincia di Agrigento per annettere Menfi nel provincia trapanese. Anzi, oltre alla proposta in sé (già discutibile), non mi è piaciuto il suo modo di giustificare tale operazione politica.
Andiamo ai fatti.
Mi ha dato fastidio l'uso poco onesto della storia. Per salvare la provincia trapanese ha richiesto l'annessione di Menfi tirando in ballo la storia siciliana e invocando addirittura il regio decreto del 1817. Qua siamo al limite. Cioè, è chiaro che la storia viene svuotata dalla sua funzione di base per una mossa politica, ma non ci sono prove oggettive e si resta nel limbo linguistico-semiotico. 
Tuttavia Turano sbanda con questa affermazione:
"Se la Provincia di Trapani scompare è anche per colpa di Camporeale perché fino al 1954 il Comune faceva parte della Provincia di Trapani, e poi è passato a Palermo".
Passi che Camporeale nel 1954 passò alla provincia di Palermo (anche qui non entro nel merito). Però io i conti me li sono fatti e vediamo un po'.
La provincia di Trapani ha una superficie di 2459,84 km². Annettendo Camporeale (38 km²) arriverebbe a 2497,84 e non supererebbe la fatidica soglia dei 2500 km² per 2,16 km². 
Ahi, presidente. Ahi! 
Se la prima citazione non trova smentite lampanti, la seconda è proprio una gaffe. Il prospetto che segue chiarisce meglio tutto:




Non c'era proprio bisogno di fare l'uomo di "cultura". Con questo modo di fare politica, non c'è continuità di soluzione.
Si cerca di aggirare la legge alla meno peggio e nel breve periodo si tira a campare. Ma verrà
sempre il momento in cui ci si ritrova al classico bivio: 
- fallire del tutto (con tutte le conseguenze del caso) 
- farci martoriare da tasse tasse tasse e tagli tagli tagli da un Monti di turno.


Francès

sabato 4 agosto 2012

Nugae, le mie parole [ed è uno]


POLVERE E FELICITÀ 

In fondo a La Grande Piazza si intravedono tante baracche una a fianco all’altra. Un piccolo vermicello sembra volersi dirigersi verso le baracche. Ha passato la notte lontano, spero in un posto migliore. E cammina. Cammina velocemente. Quasi a metà piazza incontra l’amante. Lei lo aspetta, contenta come se dovessero andare a nozze. L’incontro è pirotecnico: lui si ferma, la vede, la fissa. Poi si vengono incontro e si abbracciano con le loro zampettine. Sprizzano gioia. Un bel bacio lungo un’eternità prima di fissarsi per rendersi conto di sentirsi realizzati. Il verme le indica il suo rifugio che si trova proprio vicino le baracche. Sta lì da poco, il repentino cambio di temperatura gli ha permesso di anticipare il trasloco di un paio di settimane.
Ha faticato per renderlo abitabile: ha dovuto farsi spazio fra zolle dure e pietre insormontabili. E poi le formiche! Maledette formiche! Le hanno conteso a lungo il posticino.
“Guarda un po’ queste operaie senza cervello!”  pensava spesso.
Tuttavia il viaggio non è poi così semplice. La polvere. Spinta dal vento li avvolge e lei, la sua amante, si aggrappa alle ali del suo principe. The show must go on.
Intanto da una delle baracche esce una donna vestita di stracci con in mano altri stracci. Poco fa non precisato che ogni baracca ha al suo fianco un piccolo lavabo non eccessivamente sporco: sono tutti un po’ infangati.
La donna inizia a lavare gli stracci. Ma la polvere ostacola il suo lavoro. Si strofina gli occhi nel tentativo di togliere la polvere, ma il risultato è pessimo: le mani sono molto lerce e quindi adesso ha il viso completamente sudicio. Gli occhi sono arrossati, qualche lacrima scende giù vispa e civettuola. E poi ancora vento e polvere. Mi sono accorto che c’erano dei panni stesi. Erano stesi appunto. Adesso sono a terra. Sono i panni che il marito, fermo all’uscio, osserva cadere e grida:
“I miei vestiti! No! Dovevo metterli per la funzione religiosa!”
“Dai, non ti preoccupare che capiranno. Mica è colpa tua…”
“A me non piace ricoprirmi di polvere”
“Nemmeno a me.” risponde la moglie cercando di incoraggiarlo “Ma andrà meglio, vedrai.”
Lo incoraggia, ci sta. Il marito è però un uomo navigato e orgoglioso: sa in che condizione vive, sa che non c’è nessuna via di scampo, non vuole apparire malconcio davanti lo specchio. Ostacolo duro la polvere. Da giovane teneva una barba folta. Il tempo ha giocato la sua parte:  è cresciuto, ha capito e l’ha tagliata. Scura, nerissima in teoria. Bianca allo specchio a causa della polvere. Quando non c’è acqua a sufficienza è meglio tagliare tutto.
I due vermicelli continuano la loro marcia di avvicinamento al rifugio avvolti sempre più nella polvere. Sono ormai a pochi passi.
“Vado a lavorare” parla con voce chiara e tonante il marito.
“Ciao amore, e buona giornata” risponde la moglie.
“Grazie” risponde. Poi le si avvicina, la bacia, va via. La moglie resta a lavare i panni: ignora la polvere che la circonda.
Pericolo. I due vermicelli sono praticamente arrivati. Lui le mostra l’ingresso, lei cerca di osservarlo. Pericolo. Il vento è forte e non fa sentir nulla. La polvere oscura tutto. I due vermicelli non avvertono il rumore dei passi. Niente da fare: ci rimangono secchi. Due corpi senza forze avvolti nella polvere. Il processo è irreversibile. 

Francès

venerdì 20 luglio 2012

La sonata a Kreutzer, storia di un uomo turpe non depravato

Recensire un’opera di Tolstoj è un’operazione molto complessa per tante ragioni. Vuoi che i suoi personaggi hanno varie sfaccettature, vuoi che usava i suoi romanzi per lavorare molto su se stesso, vuoi che fu irrequieto per tutta la vita cambiando spesso idee e posizioni su varie tematiche. Insomma, dall’odore della guerra ad una visione cristiana del mondo il passo è breve se si legge la biografia di Tolstoj. Il romanzo su cui vorrei spendere un paio di parole è La sonata a Kreutzer
Il titolo è tratto da un’opera di Beethoven che stimolò molto la mente dello scrittore russo e che sarà la colonna sonora di uno dei delitti più classici del mondo, il delitto passionale. Ho letto il romanzo e subito dopo non ho potuto far a meno di correre ad ascoltare la sonata di Beethoven.
Ciò che più colpisce del romanzo è la narrazione di Pozdnysev, il protagonista dell’evento delittuoso anticipato fin dalle prime pagine. Una narrrazione secca, lucida, accurata, precisa, spesso parziale. Affrontare in questa maniera il matrimonio, la convivenza e la gelosia, elementi cardine di ciò che oggi noi siamo soliti riassumere con amore non è un’impresa scontata, il rischio scadere nel luogo comune è sempre dietro l’angolo. Ma Tolstoj no. Tolstoj non c’è cascato. E direi che non c’è miglior complimento: si contano nelle dita tutti coloro che hanno speculato sull’amore non carnale, l’amore quello sentimentale. Non è una storia incalzante, è riflessiva. Non è un giallo o un thriller, tutto è già accaduto e il protagonista è già passato ai commenti di ciò che ha fatto. Cito un passo per far capire con quale facilità Pozdnysev riesca a dare delle spiegazioni di alto spessore incastonandole nei fatti della sua vita:

La depravazione non sta in qualcosa di fisico, perché infatti nessuna turpitudine fisica è depravazione;
 la vera depravazione è proprio volersi liberare dei legami morali con la donna con cui si ha un rapporto 
fisico. Ricordo quanto ho penato una volta per non essere stato in grado di offrire del denaro a una 
donna che probabilmente si era data a me per amore. Ho trovato pace solo quando sono riuscito
 a mandarle dei soldi, ribadendo con ciò che non ritenevo di avere vincoli morali nei suoi confronti.

La grandezza di Tolstoj sta nel fatto che io sono qua a parlare di lui senza non avere ancora citato le  sue due grandi opere. Può sembrare una banalità o una leccata di culo. Non è così e chiarisco subito il perché a scanso di equivoci. Dei grandi narratori, Tolstoj, secondo le mie preferenze, si trova una spanna sotto Hemingway e Dostoevskij. E colgo l’occasione per scrivere cosa non mi è piaciuto di questo romanzo: la Postfazione dell’autore. Tolstoj aveva questa visione saggistica della narrativa. Condivisibile, per carità. Però questa postfazione ti toglie tutti i dubbi al lettore. Dubbi scaturiti da cento e passa pagine riassunti sotto un unico tetto: il cristianesimo. Questa cosa non mi è piaciuta e non solo perché non sono d’accordo con la visione filosofico-teologica di Tolstoj.

Adesso chiudo il post e rimetto Beethoven.
Francès