sabato 4 agosto 2012

Nugae, le mie parole [ed è uno]


POLVERE E FELICITÀ 

In fondo a La Grande Piazza si intravedono tante baracche una a fianco all’altra. Un piccolo vermicello sembra volersi dirigersi verso le baracche. Ha passato la notte lontano, spero in un posto migliore. E cammina. Cammina velocemente. Quasi a metà piazza incontra l’amante. Lei lo aspetta, contenta come se dovessero andare a nozze. L’incontro è pirotecnico: lui si ferma, la vede, la fissa. Poi si vengono incontro e si abbracciano con le loro zampettine. Sprizzano gioia. Un bel bacio lungo un’eternità prima di fissarsi per rendersi conto di sentirsi realizzati. Il verme le indica il suo rifugio che si trova proprio vicino le baracche. Sta lì da poco, il repentino cambio di temperatura gli ha permesso di anticipare il trasloco di un paio di settimane.
Ha faticato per renderlo abitabile: ha dovuto farsi spazio fra zolle dure e pietre insormontabili. E poi le formiche! Maledette formiche! Le hanno conteso a lungo il posticino.
“Guarda un po’ queste operaie senza cervello!”  pensava spesso.
Tuttavia il viaggio non è poi così semplice. La polvere. Spinta dal vento li avvolge e lei, la sua amante, si aggrappa alle ali del suo principe. The show must go on.
Intanto da una delle baracche esce una donna vestita di stracci con in mano altri stracci. Poco fa non precisato che ogni baracca ha al suo fianco un piccolo lavabo non eccessivamente sporco: sono tutti un po’ infangati.
La donna inizia a lavare gli stracci. Ma la polvere ostacola il suo lavoro. Si strofina gli occhi nel tentativo di togliere la polvere, ma il risultato è pessimo: le mani sono molto lerce e quindi adesso ha il viso completamente sudicio. Gli occhi sono arrossati, qualche lacrima scende giù vispa e civettuola. E poi ancora vento e polvere. Mi sono accorto che c’erano dei panni stesi. Erano stesi appunto. Adesso sono a terra. Sono i panni che il marito, fermo all’uscio, osserva cadere e grida:
“I miei vestiti! No! Dovevo metterli per la funzione religiosa!”
“Dai, non ti preoccupare che capiranno. Mica è colpa tua…”
“A me non piace ricoprirmi di polvere”
“Nemmeno a me.” risponde la moglie cercando di incoraggiarlo “Ma andrà meglio, vedrai.”
Lo incoraggia, ci sta. Il marito è però un uomo navigato e orgoglioso: sa in che condizione vive, sa che non c’è nessuna via di scampo, non vuole apparire malconcio davanti lo specchio. Ostacolo duro la polvere. Da giovane teneva una barba folta. Il tempo ha giocato la sua parte:  è cresciuto, ha capito e l’ha tagliata. Scura, nerissima in teoria. Bianca allo specchio a causa della polvere. Quando non c’è acqua a sufficienza è meglio tagliare tutto.
I due vermicelli continuano la loro marcia di avvicinamento al rifugio avvolti sempre più nella polvere. Sono ormai a pochi passi.
“Vado a lavorare” parla con voce chiara e tonante il marito.
“Ciao amore, e buona giornata” risponde la moglie.
“Grazie” risponde. Poi le si avvicina, la bacia, va via. La moglie resta a lavare i panni: ignora la polvere che la circonda.
Pericolo. I due vermicelli sono praticamente arrivati. Lui le mostra l’ingresso, lei cerca di osservarlo. Pericolo. Il vento è forte e non fa sentir nulla. La polvere oscura tutto. I due vermicelli non avvertono il rumore dei passi. Niente da fare: ci rimangono secchi. Due corpi senza forze avvolti nella polvere. Il processo è irreversibile. 

Francès

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