Un palindromo
sulla sabbia - cronaca di un sogno
E proprio
quando l’onda arriva e invade il bagnasciuga che ti esalti, lo so. Sdraiata,
aspetti che l’onda ti avvolga con la sua delicatezza, e non ti accorgi di nulla.
E così che van le cose; ed io che avevo inciso quel palindromo proprio lì, al
tuo fianco, adesso sono in apnea con te. Ti ammiro nella tua estasi, come
trattieni il fiato tu nessuno! Sei rimasta ferma ad aspettarla, quest’onda, e
in cuor tuo sapevi che sarebbe arrivata. Nessun dubbio ti assale, tu credi in quell’eterno ritorno che ci rende vivi. Ed io? Io fermo nella classica
posizione fetale; io ad occhi chiusi e mani incrociate a difendere il mio
palindromo.
L’onda
ha preso corpo, la sento coprire mezza spiaggia; trenta centimetri e nulla più
d’acqua che ci costringe a trattenere il respiro. Ma tu sei pacata, tranquilla;
sai gestire il tempo fra un’onda e l’altra e ignori il resto. Ti invidio perché
io invece sono preoccupato. E se l’onda cancella quel palindromo? E se non lo
ritrovo più, perso per sempre? Tu hai aspettato l’onda e non hai nulla da
temere, o mia speranza. Tanto la tua è un’attesa astratta che non si lascia
degradare dagli agenti materiali. Così reagisco. Voglio tirar su la testa e
respirare. Voglio abbandonare il mio lavoro e scappare.
E
così mi prendi per mano e mi tiri a te. Io ci ricasco per un po'. Inizio a credere di
nuovo in te e l’attesa si fa più dolce. Ma non ho più ossigeno, e butto via un
po’ d’aria. Mi ribello, insorgo e ti caccio via da me. Sento le forze venir
meno, apro gli occhi e cerco il mio palindromo. Svanito. Tu mi guardi
sorridendo e mi indichi qualcosa ma io non ne voglio più sapere. Ti avvicini a
me con uno strano movimento e mi riprendi per mano: butto via l’aria, con un
colpo di reni ti spingo violentemente verso terra e riemergo prepotentemente. Proprio
in quel momento l’onda si ritira e ti vedo proprio sul mio disegno:
“Perché
mi ha buttato sul tuo disegno?”, mi sussurri sorridendo.
Francès
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